La terapia metronomica permette di ridurre al minimo gli effetti tossici della chemioterapia. E in più offre un vantaggio particolarmente apprezzato dalle donne. Non fa perdere i capelli.

Sembra una novità dell’ultimo momento ma è una modalità di somministrazione della chemioterapia già oggetto di studi e ricerche da diversi anni. Mentre nella terapia tradizionale i farmaci vengono iniettati per via endovenosa, ad alte dosi, e in un contesto ospedaliero, in quella metronomica sono assunti per bocca, a basso dosaggio e direttamente a domicilio. Tutti i giorni oppure due 0 tre volte a settimana.
 
I vantaggi di questa terapia risiedono innanzitutto nella ridotta tossicità per l’organismo dei farmaci utilizzati, che per altro sono anche meno costosi. I chemioterapici, somministrati in questo modo, non solo esercitano un’azione farmacologica diretta contro le cellule tumorali ma hanno anche effetto sul loro microambiente, inibendo il meccanismo di formazione dei nuovi vasi sanguigni che faciliterebbero la crescita tumorale e le metastasi. L’efficacia della terapia metronomica per ora è dimostrata in alcune forme di cancro al seno, del polmone, linfomi e neoplasie pediatriche. Si è addirittura dimostrata efficace in alcune forme tumorali resistenti alle comuni terapie.
 
Non soltanto è efficace ma ha anche un profilo di più bassa tossicità, modula la risposta immunitaria, riduce gli effetti collaterali – meno dell’1% dei pazienti presenta alopecia e la tossicità neurologica è inferiore al 5% – ma può portare a un significativo prolungamento della sopravvivenza in caso di tumore in stadio avanzato. Senza contare l’enorme risparmio economico che offre la terapia domiciliare e il vantaggio per quei pazienti che non hanno strutture ospedaliere o centri oncologici a portata di mano.
 
La riduzione della tossicità che questa terapia comporta è fondamentale. La chemioterapia, di norma, agisce distruggendo le cellule cancerose ma, a causa della sua tossicità, spesso anche quelle sane. Le cellule normali più sensibili all’azione tossica della chemio sono quelle in rapida crescita, come ad esempio le cellule dei bulbi capilliferi. Potrà sembrare strano ma tra tutte le manifestazioni causate dalla tossicità delle terapie oncologiche quelle che hanno l’impatto più pesante sulla qualità della vita sono le manifestazioni cutanee e i relativi inestetismi, in quanto preludono a gravi ripercussioni sulla vita sociale e di relazione, nonché sulla psiche dei pazienti.
 
L’ impatto estetico è così forte che almeno l’8% delle pazienti rifiuta il trattamento prescritto per la paura di perdere i capelli e preferisce scegliere terapie meno efficaci. L’incidenza dell’alopecia indotta da chemioterapici varia in base al farmaco assunto, alla sua dose, alla frequenza e modalità di assunzione. Per molte donne affette da tumore al seno, la comparsa dell’alopecia ha un impatto psicologico maggiore della stessa mastectomia e rappresenta l’aspetto più insopportabile della chemioterapia.
 
Dal momento che le cellule responsabili della crescita dei capelli tendono a dividersi molto rapidamente per riprodursi, possono essere più facilmente attaccate dalla chemioterapia, causando l’assottigliamento dei capelli e, molto spesso, la loro caduta totale. Il momento in cui i capelli cominciano a cadere a ciocche rappresenta per molte l’evento più drammatico di tutta la malattia. Questo evento temutissimo si verifica tra la prima e l’ottava settimana di chemioterapia ed è di solito reversibile.
 
La terapia metronomica non è l’unico espediente per evitarla, esistono anche preparazioni galeniche prescrivibili dal dermatologo e/o l’uso del caschetto refrigerante, che, attraverso la vasocostrizione nella cute limitano l’apporto del farmaco al bulbo. In ogni caso, se proprio non si riesce ad evitarne l’insorgenza, bisogna sapere che, nella maggior parte dei casi, in seguito i capelli ricrescono nel giro di un paio di mesi dalla sospensione della chemioterapia.

Articolo della Dottoressa Adele Sparavigna per https://4me.styl